venerdì 31 ottobre 2014

La fornace

Credo che pochi sappiano che abbiamo qui in Veneto, in un piccolo paese tra Padova e Treviso, una grande eccellenza italiana: si tratta di Vetreria la Piastra - un'azienda che produce lastre di vetro. Si tratta dell'unica azienda europea che ha sviluppato un sistema brevettato garantito. Purtroppo le immagini che possiamo pubblicare non rendono giustizia al lavoro svolto dal personale della vetreria. 
Ci sono voluti tre anni per sviluppare questo sistema e, giustamente, il proprietario ne è gelosissimo, ma andiamo con ordine e raccontiamo questa storia di innovazione e dedizione. 



Verso la fine degli anni '80, Armando, il titolare dell'azienda, ha fatto tutte le prove del caso personalmente, chiudendosi in vetreria ovviamente di sabato e di domenica per non rallentare la produzione dei pezzi tradizionali. 
Un uomo animato da una grandissima passione per il suo lavoro piano piano ha messo a punto il metodo usato tutt'oggi. 



Vista l'esistenza del brevetto e la chiusura delle aziende tedesche, prime concorrenti, sono arrivate anche alcune grandi ordinazioni. Così, dopo vent'anni di lavoro, nel 1990 ha deciso di separarsi dai soci e di percorrere questa strada da solo, deputando un intero capannone a quest'uso. 

Però gli imprevisti sono sempre dietro l'angolo e, nel momento in cui si concretizzavano gli sforzi di tre anni, l'apertura del mercato ha fatto sì che la concorrenza cinese facesse diminuire la richiesta. 
Ma la cosiddetta "mazzata sul capo" è arrivata quando si è reso conto che anche alcune vetrerie di Murano e Venezia prendevano oggetti prodotti in Cina - si, signori, la maggior parte della paccottiglia che vedete sulle bancarelle a Venezia e dintorni, viene dalla Cina, altro che MADE IN ITALY! 

Io mi sdegno quando sento queste cose, ma sono sempre più all'ordine del giorno. 
L'unica soluzione per l'impresa italiana è specializzarsi nell'alta gamma, per differenziarsi dalla concorrenza a basso costo. Del resto, siamo sempre stati i migliori a realizzare opere d'arte, o no?

Photo by Daniel Perazzone

giovedì 23 ottobre 2014

Il battiloro, un mestiere dimenticato

Si legge su wikipedia "Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un enorme martello l'oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia. (...) Oggigiorno questo processo viene realizzato industrialmente con macchinari per la laminazione con il similoro".
Addentrandosi tra le calli di Venezia, si può scoprire come questo mestiere resista ancora e come le macchine non abbiano ancora potuto sostituire la perizia dell'uomo. 

Varcando la porta di un affascinante palazzo di Fondamenta Nuove si entra in contatto con questa tradizione tramandata nel corso dei secoli. 
La famiglia Berta segue il processo di creazione della foglia d'oro e d'argento purissimi seguendo i metodi antichissimi portati a Venezia dai mercanti bizantini all'alba dell'anno 1000 d.C.. 
Un lavoro che consiste in una delicata combinazione tra forza e leggerezza. 

L'uomo batte, la donna compone blocchetti su blocchetti di preziosa lamina che sarà impiegata per svariati utilizzi: dalla cosmesi alla cucina, dall'architettura ai complementi di arredo realizzati con la tecnica musiva e dell'oro-graffito. 


Nel laboratorio, una volta effettuata la fusione e una prima battitura a macchina, le donne tagliano e rifiniscono le foglie che poi vengono nuovamente ribattute a mano. Chine sulle loro postazioni in penombra singolarmente illuminate per non essere abbagliate dai riflessi del prezioso metallo, compongono i blocchetti pronti per la seconda battitura effettuata completamente a mano. 
Le macchine entrano in minima parte nella lavorazione che viene ancor oggi affidata a martelli dal peso variabile dai 3 agli 8 kg su uno speciale supporto di marmo. Il numero di colpi non è casuale, ma va da un minimo di 48 a un massimo di 105 a seconda della finitura da ottenere. 


Il mestiere si impara col tempo, affidandosi all'esperienza della tradizione, ripetendo i gesti un numero infinito di volte. Se l'uomo deve imparare a contare il numero di colpi, la donna deve imparare a respirare per tagliare e inserire tra i fogli di carta la sottilissima foglia d'oro.

Nella fioca luce della bottega Mario Berta, vengono create foglie d'oro che possono avere fino a diciassette sfumature diverse: oltre ai colori classici come oro bianco, rosso e giallo, sono stati messe a punto composizioni metalliche per ottenere foglie di altre sfumature, dal verde al viola.
La materia viva plasmata dall'uomo, il fascino degli strumenti antichi si respirano a pieni polmoni in quest'angolo di Venezia. Una sorta di raffinatissima fucina di Efesto dove si tramanda una tradizione che affonda le radici nella notte dei tempi. 
Che dite, dovrei correggere la voce di Wikipedia?

photo by Daniel Perazzone

Mediterraneo un mare di culture


Quando il mo amico Angelo Ventimiglia mi ha proposto di realizzare insieme un'opera per il la mostra Identità nell'ambito del convegno Mediterraneo un mare di culture che si terrà a Cosenza venerdì 24 ottobre, devo dire che ho un po' tentennato... La mostra TRACCE di cui vi ho parlato nel primo post mi stava prendendo buona parte delle energie, ma poi, da buon siciliano, non ho potuto resistere...

“Mediterraneo un mare di culture” sembra una frase cucita apposta su di me, siciliano trapiantato a Nord Est e ho subito pensato che sarebbe stato questo il titolo della nostra opera. 
Quando penso a quello che era l'assetto sociopolitico di un migliaio di anni fa, alla convivenza pacifica tra cristiani, arabi, ebrei nelle nostre terre, non posso esimermi da affondare nella tradizione e attingerne a piene mani, ubriaco di ispirazione.

Ed ecco che nasce questa nuova opera, sempre con la tecnica dell'oro graffito.
Una composizione liberamente ispirata alla Cappella Palatina di Palermo e alla figura di Ruggero II, il primo Re di Sicilia. Un sovrano che ha ospitato i più illustri pensatori dell'epoca in un clima di sincretismo culturale che il modello americano del melting pot o della salad bowl se lo sogna.

La Cappella Palatina rappresenta perfettamente questo spirito: tracce di architettura araba – tra tutti il soffitto a muqarnas e l'arco a ogiva - coesistono con impianti architettonici di matrice greca e latina. Oro e colori su superfici lignee ci regalano un'opera di fattura così squisita da commuovermi ancora oggi che la conosco e che l'ho rivoltata come un calzino per leggerne i simboli nascosti.

Ma veniamo al nostro omaggio a Ruggero II e al Mediterraneo Mare di Culture: abbiamo citato palesemente il modulo del soffitto della Cappella Palatina con due quadrati ruotati per formare una stella a otto punte. 
All'interno degli spazi centrali riconoscerete, lungo le linee diagonali, i simboli del potere regale di occidente e di oriente: i leoni, l'aquila e il falco tutti insieme a rappresentare i grandi regni dell'antichità (Venezia, Egitto, Sacro Romano Impero). Poi, lungo la linea verticale Ruggero II il fondatore del Regno di Sicilia e Gesù Cristo che lo incorona, mentre in orizzontale ecco i confini del Mar Mediterraneo: le Colonne d'Ercole e la Colchide (l'arcipelago al confine con la Turchia) rappresentata dal Vello d'Oro.
Il cuore dell'opera è rappresentato dalla mappa di Idrisi, il geografo arabo che compose la mappa incaricato da Ruggero II.
Come dimenticare poi le Repubbliche Marinare? Ecco i loro stemmi negli angoli.
Poi la scritta che si snoda lungo il perimetro della stella a otto punte recita: MEDITERRANEO UN MARE DI CULTURE in arabo, ebraico, italiano, inglese, greco e latino.
Mi piaceva sottolineare e concretizzare anche con le parole, oltre che con le immagini, il concetto chiave dell'opera. Vederlo scritto nell'oro, che si snoda sinuoso, mi dà l'idea che sia quasi una preghiera, un mantra poliglotta per ricordarci che il Mediterraneo unisce e non divide.

Ringrazio tutto gli amici che mi hanno aiutato nelle traduzioni, senza di loro questo lavoro non sarebbe stato possibile.

martedì 21 ottobre 2014

Arte e memoria

Ho sempre avuto la passione per l'arte e la storia. 

Fin da bambino plasmavo forme di ogni tipo con tutto quello che mi capitava a mano, dalla plastilina all'argilla, dalla carta alla mollica di pane. 
Sono approdato a Venezia una trentina di anni fa e mi sono ritrovato a lavorare con il vetro, ovviamente muranese, creando lampadari e pezzi per importanti case. 
Adesso, alle soglie dei 60 anni in questo tempo di crisi, ho deciso di sviluppare altri progetti, in grado di raccontare storie. Storie di mestieri dimenticati, di città in continuo mutamento, di migrazioni e di tradizioni che viaggiano su meridiani e paralleli di mondo. 
Ho deciso di fermarmi e di imprimere questi pensieri nell'etere, oltre che nei miei pezzi, per non far perdere quella tradizione di eccellenza tutta italiana, in un'Italia che assomiglia sempre di più a quella perfettamente raccontata da Dante nel VI canto del Purgatorio "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!"



Ecco quindi il motivo scatenante di questo ciclo di incisioni su foglia oro su supporti di vetro di Murano. 
La prima collezione si chiama TRACCE e consiste di una serie di mappe sette-ottocentesche delle principali città venete (Belluno, Mestre, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza). Inaugurerà a Mestre sabato 25 ottobre, presso la Galleria 3D - Via Antonio da Mestre 31 con il prezioso supporto di Adolfina De Stefani e di Gaetano Salerno. 

Perché le mappe? Perché TRACCE? 
Mi piaceva il concetto. TRACCE sono le vestigia del tempo che fu, prima dell'avvento della Rivoluzione Industriale che ha sconvolto l'urbanistica delle nostre città. 
TRACCE sono la memoria della polis, l'archetipo delle città e dei suoi spazi in cui si intessevano le relazioni sociali, culturali, commerciali e politiche tra individui. Quegli stessi spazi che oggi percorro anch'io, auspicando un recupero di quelle tradizioni che ci distinguono dal resto del mondo. 


In questo spazio virtuale scriverò di tutto un po': del mio lavoro, delle mie opere e dei mestieri che accompagnano la loro realizzazione. 
Mi sento erede di una tradizione antichissima, ma questo è solo l'inizio: è come partire avendo la consapevolezza di aver percorso già migliaia di chilometri. Ma forse è proprio questo il senso del divenire, della creazione. 

Buona lettura

photo by Daniel Perazzone