venerdì 19 dicembre 2014

Da Siracusa a Scicli

La seconda città del Val di Noto che stiamo realizzando è Scicli. Per la ricostruzione della mappa storica mi sono affidato al libro: SCICLI – LA CITTA’ DELLE DUE FIUMARE 1880-1920 di Attilio Trovato. Preziosi i rilievi topografici dell’epoca, prima e dopo l’intervento in “stile Hausmaniano”, le virgolette sono d’obbligo, fortemente voluto dalla nuova borghesia post unitaria. Interventi di carattere urbanistico che ridefinirono l’assetto della città, teso a razionalizzare l’intricata viabilità di allora e a dare un decoro di stampo borghese all’intera città.

Nella nostra mappa si è privilegiata la riproposizione della Scicli che era prima dei lavori sopra descritti. Le due fiumare, oggi in gran parte coperte, erano allora scoperte, utilizzate in alcuni punti come lavatoi, che definivano e in parte isolavano i quartieri di San Bartolomeo e di Santa Maria la Nova e che confluiscono a Nord-Ovest con la  fiumara di Modica - Scicli.

La loro copertura determinò la realizzazione di ampi spazi di pubblica aggregazione di cui la città difettava. La piazza principale sorge  in un area la cui centralità venne per prima individuata dai Gesuiti che qui costruirono il loro Collegio, ma che allora era soggetta ai pericoli di esondazione della fiumara di San Bartolomeo.

Prima del  terremoto del 1693, la città sorgeva sul colle di San Matteo,  difesa naturalmente dalle pareti dirupate della cava e dai due castelli, il castellaccio a guardia della valle della fiumara Modica - Scicli, e dal castello dei tre Cantoni a difesa della parte orientale della città, sprovvista di difese naturali. La città ha sempre avuto storicamente un’importante funzione militare di difesa della via che dal mare conduceva a Modica.
Oltre alla città costruita esisteva a Scicli, da sempre, un tipo di residenza molto comune in tutto il bacino del mediterraneo, le abitazioni in grotta, di cui il quartiere di Chiafura rappresenta la parte più cospicua ed oggi oggetto di un restauro volto allo sfruttamento turistico. Le povere case dei contadini sono diventate  appartamenti di charme in cui vivere a pieno lo spirito del luogo.
Ma cos’è Gerusalemme?”….”Gerusalemme o altro che si chiamasse….Come devono essere contenti in questa città!” Esclamò Rosario…e continuava:  “E’ la città più bella che abbiamo mai  vista”…”Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle…”. Elio Vittorini - Le Città del Mondo -.

ENGLISH VERSION

The second city of the Val di Noto we are working on is Scicli.
In order to reconstruct the hystorical map of Scicli, I found inspiration in the book SCICLI - THE CITY OF TWO FIUMARE 1880 - 1920 by Attilio Trovato.

In the book, I found precious land surveys of that time, before and after the renovation in Haussmann style, deeply wanted by the burgeoisie after the Unification of Italy.
These urbanistic interventions redefined the structure of the city producing a rationalization of the streets and the mobility, which were a maze at that time, and providing burgeois urban decorum to the entire city.
In our map, we have considered Scicli before the interventions described above. The two rivers - "fiumare" in the local language - which are nowadays covered, were open in that period, and used in some points as washtubes. The rivers defined and partly isolated the neighbourhoods of San Bartolomeo and Santa Maria la Nova, merging at North-West with the river Modica - Scicli.

The covering of the two rivers determined the construction of new wide spaces for people’s aggregation that the city was lacking before.
The main square is situated in a central area, where the Jesuits built their College before the covering of the river, but which was in danger of floods caused by the San Bartolomeo’s river.

Before the 1693 earthquake, the city was situated on San Matteo’s hill, naturally defended by the steep slopes of the quarry and by two castles: one called “castellaccio” and guarding the valley from the side of the river Modica - Scicli, the other called “castello dei tre Cantoni” defending the Oriental side of the city which had no natural defenses. Historically, the city has always had an important military role in protecting the road which goes from the sea to Modica.
A part from the main city, in the area Scicli there existed also a type of housing common throughout the Mediterranean: the cave dwellings. The Chiafura neighbourhood represents the largest part of this kind of buildings, nowadays renovated for touristic purposes. The poor farmers’ houses have become charming flats where visitors can experience the spirit of the place.
Quoting Elio Vittorini (1908 - 1966) an Italian writer who described Scicli in his book The Cities of the World
But what is this...Jerusalem?”.... “Jerusalem or whatever people called it… How happy they must be in this city!” Rosario exclaimed… and continued: “It's the most beautiful city we've ever seen”... “Perhaps the most beautiful city of all cities of the world. And people are happy in beautiful cities”.

venerdì 12 dicembre 2014

TRACCE in mostra a Casa Toesca

TRACCE sta girando l'Italia...
dopo l'esposizione alla Galleria 3D di Mestre, come vi avevo anticipato, ecco le tavole in mostra a Rivarolo Canavese, presso Casa Toesca, un luogo magico.

Se volete vederle in questa splendida cornice, avete tempo fino al 22 dicembre.

Intanto gustatevi queste poche immagini scattate da mio nipote Corrado in visita domenica scorsa.


ENGLISH VERSION

TRACES are around Italy...

After the exhibition in 3D Gallery, Mestre, here we have my pieces in Casa Toesca, Rivarolo Canavese (Turin), a magical place, indeed!

If you are around Italy and you want to see them there, you have time till the 22nd December.

For the moment, you can enjoy the pictures taken by my nephew Corrado last Sunday.







martedì 2 dicembre 2014

Nuovi progetti, ritorno alle origini.

In questi giorni si è conclusa la personale presso la galleria 3D di Mestre e le tavole delle città venete sono partite verso Rivarolo Canavese (TO) presso lo spazio Casa Toesca, una splendida dimora settecentesca dove saranno esposte per il pubblico piemontese a partire da domani 3 dicembre. 
Quindi, adesso, il nostro staff può concentrarsi sul secondo ciclo di incisioni.
Stavolta ritorno alla mia terra e ho deciso di realizzare le città barocche del Val di Noto, ovvero Siracusa, Scicli, Ragusa, Catania, Noto, Modica, Militello Val di Catania, Caltagirone e Palazzolo Acreide.

Sto partendo da Siracusa e dalla ricerche fatte finora è incredibile constatare come la città in epoca greca fosse una vera e propria metropoli! La cinta muraria si estendeva per quasi 28km, la famosa pentapoli, suddivisa in cinque quartieri: Ortigia, Akradina, Neapolis, Tyche ed Epipole. L'area monumentale comprendeva il teatro, qui nacque la commedia con Epicarmo, l'agorà, l'ara di Ierone; la fonte Aretusa e il tempio di Apollo in Ortigia, primo tempio in pietra dell'occidente greco, del VI sec. a.C., le latomie, le cave di pietra da cui veniva estratto il materiale per costruire la città... doveva essere un brulicare di vita.
Siracusa era uno dei porti principali del Mediterraneo, qui nel III sec. a. C. venne costruita la più grande nave in assoluto, primato mantenuto fino all'avvento delle moderne navi in ferro nella seconda metà dell'ottocento.

Dalla parte di terra la città era protetta dal castello Eurialo, ingegnoso ed inespugnabile sistema difensivo: il dedalo di percorsi sotterranei permetteva ai siracusani di sorprendere alle spalle eventuali assalitori.
Ingegnosi i siracusani, senza dubbio, non dimentico che la città ha dato i natali al grande Archimede, nome leggendario di uno straordinario inventore, erudito e matematico.
Con l'arrivo degli arabi nel IX la città perde il suo ruolo di capitale dell'isola a favore di Palermo e si riduce alla sola isola di Ortigia.

Qualche traccia è ancora visibile, ma il grosso non c'è più: gran parte delle pietre dei monumenti del passato vennero utilizzate per rinforzare le mura sotto l'incalzare della minaccia turca nel XVI sec.. Erano lì a disposizione, belle pronte, già tagliate... non ci hanno pensato due volte a destinarle ad altro uso e la Soprintendenza ancora non esisteva. Nei prossimi giorni posteremo altri aggiornamenti sul nostro lavoro, magari dandovi qualche curiosità sulle altre città del Val di Noto e qualche foto dei nostri disegni preparatori.

ENGLISH VERSION

In these days my personal exhibition in 3D Gallery, Mestre, finished and the pieces departed to Rivarolo Canavese (near Turin), in the beautiful Casa Toesca, a building of the XVIII sec.. There will be at disposal for the audience from the 3rd December. 
So now, our staff con concentrate to the second cycle of pieces.

This time I come back to my land, Sicily. I decided to dedicate my works to the baroque cities of the Val di Noto, Sicily: Syracuse, Scicli, Ragusa, Catania, Noto, Modica, Militello Val di Catania, Caltagirone and Palazzolo Acreide. 

I started this collection with Syracuse. I made some researches and it's incredible to realize how this town was a real metropolis during Greek time. 
The walls were almost 28 km long, the famous pentapolis, divided into five districts: Ortigia, Akradina, Neapolis, Tyche and Epipole. The monumental area is full of marvellous buildings like the theatre - here the comedy was born with Epicarmo - the agorà, Ierone's altar, Aretusa's fountain and Apollo's temple in Ortigia. This is the first temple of the West made of stone in the IV sec. b.C.. Then, inside the walls there were also the Latomie (the stone quarries) whose stones were used to build the city.... Syracuse was, doubtless, full of life. 
It was one of the principal Mediterranean harbours. Here in the III sec. b.C. was built the biggest ship of the world, this record was mantained till the second half of XIX sec. 

From the earth side, the city was defended with Eurialo Castle, a clever and unconquerable defence system: the maze of  underground paths allowed the inhabitants of Syracuse to surprise the enemies at their back.
The inhabitants of Syracuse were indeed ingenious. We can not forget that this is Archimede's city, a legendary name, an extraordinary erudite, inventor, mathematician.  
With the arrival of Arabian people in the IX sec. a. C., Syracuse lost its role of main city of the island, Palermo was the new capital and the territory of the town is the sole Ortigia island. 

We can see nowadays traces of this great ancient past, but the most is lost: many stones of the monuments were used to reinforce the walls when Turkish  people tried to invade Sicily in the  XVI sec. a.C.. The stones were already cut and the Authority preserving the Cultural Heritage didn't exist, so the inhabitants took them easily for other purpose. 
In next days we'll post other updates related to our job, we will show you other curiosities related to the Val di Noto and some pictures of our preparatory drawings. 

lunedì 24 novembre 2014

Mediterranean Sea of cultures


When my friend Angelo Ventimiglia asked me a collaboration in order to present a new piece for the exhibition – convention Mediterranean Sea of Cultures in Cosenza on 24th October, I was overwhelmed by work for the other exhibition – Traces, my first personal – that was opening on 25th October...
I thought I could never do it. But, I couldn't resist to this calling! I am from Sicily, the Pearl of Mediterranean Sea and I had to tell my point of view.

Mediterranean Sea of Culturessounds like a sentence made for me, a Sicilian transplanted in Venice.
When I think about the socio-political environment of a thousand years ago, when Jewish, Arabian and Christian people lived peacefully together in our region, I can't but immerse into tradition. I feel like drunk, not with wine, but with inspiration. So let my soul speak!

The piece conceived for this exhibition takes inspiration from the Palatine Chapel in Palermo and from Ruggero II, the first King of Sicily.
Ruggero was a liberal king, he hosted the most eminent philosophers of his time in a background characterized by cultural syncretism: a wildest dream!

The Palatine Chapel perfectly represents this spirit: there are several traces of Arabian architecture (the ogival arch and the roof with painted wood muqarnas) combined with Greek and Latin architectural features.
Gold and colors give us a marvellous masterpiece. Well, I must say that I know the Chapel like the back of my hand and I can read all the hidden symbols, but I am still deeply touched by this harmony of cultures.

But let me show you all the symbols represented in our piece.

We thought about two rotated squares, like the Palatine Chapel coffer, in order to compose an eight pointed star. In the central spaces, on the diagonal lines, you can recognize the symbols of the king's power in Eastern and Western cultures: the lions, the eagle and the hawk (Venice, Egypt, Roman Empire, Sacred Roman Empire).

Then, on the vertical line, there is the portrait of Ruggero II, the founder of the Reign of Sicily; on the other side, Jesus Christ crowning him.

On the horizontal line the extreme limits of the Mediterranean Sea are represented: on the left, the Pillars of Hercules marking the Strait of Gibraltar limit; on the opposite side, the myth of the Golden Fleece recalls the extreme limits on the Black Sea.
The hearth of the artpiece is represented by the Idrisi's map. Idrisi was an Arabian geographer, he composed the first map of the Mediterranean Sea for Ruggero II.
And how could I forget the Maritime Republics? The symbols of these cities appear in the four corners.
In the end, we wanted to stress out the concept of the artwork also with words; so we wrote Mediterranean Sea of Cultures on the perimeter of the eight-pointed star in different languages: Arabian, Italian, ancient Greek, Latin, Jewish, English. This is the key concept of the piece.
When I look at it, written in the gold, twisting and turning like a ribbon, it seems to me like a pray, a sort of multilingual mantra reminding us that the Mediterranean Sea connects and does not divides.


I want to thank all the friends who helped me with the translations; without them this piece couldn't be realized.

 

lunedì 10 novembre 2014

Art and memory

For the new friends English speaking, here you are the English version of our posts! :) 

I always had passion for art and history.
Since my boyhood, I worked with my hands in order to shape everything with different materials: modelling clay, paper, bread crumb.

Thirty years ago, I moved to Venice and now I work with glass, Muranese glass in particular, creating chandelliers and other pieces for important brands.

Now that I am almost sixty, I have decided to develop other projects. These projects can tell stories about forgotten traditions, art and crafts, cities always changing, migration.


I decided to write this thoughts on the web, not only thorugh my artworks, in order not to lose that excelent Italian tradition, in an Italy that nowadays seems like the country described by Dante in the VI canto of the Purgatory "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" (the translation sounds like “ah, Italy you are a slave, like a boat without helmsman during a storm, not noble woman, but brothel”).
This is the reason why I decided to start this cycle of pieces realized on Murano Glass with the ancient tecniques called Venetian gold engraved.
The first collection is called TRACES and consists of maps of the XVIII sec. reprensenting the principal Veneto cities (Belluno, Mestre, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza).
The exhibition is at the gallery 3D – Via Antonio da Mestre 31 - thanks to Adolfina De Stefani's and Gaetano Salerno's precious help.


But why maps? Why Traces?
I liked the concept. Traces are what is left of ancient time, before the Industrial Revolution that shocked our cities' urbanistic assets.
Traces are the memories of the polis, the archetipical city, and of its spaces where people built social, cultural, commercial and political relations. Today I walk in the same spaces, looking for a rescue of those traditions distinguishing us from the rest of the world.

So welcome to this virtual space! Here you can find my thoughts about my works, and many stories related to Venetian traditional crafts, landscapes...
I feel heir of an ancient tradition, but for me these are the first steps: it is like leaving but with the knowledge that you walked through thousand kilometers. But maybe this is the sense of becoming, of creating.


Enjoy your reading! 

Photo by Daniel Perazzone

lunedì 3 novembre 2014

Dal decoratore

Dopo il battiloro e la fornace, vi racconto di un altro passaggio del mio lavoro, prima di iniziare l'incisione. 
Da piazzale Roma, prendo il vaporetto per dirigermi da Albertini & Spezzamonte, i decoratori a cui mi affido per l'applicazione della foglia oro e per la finitura al termine delle incisioni. 

Mi affaccio all'aria salmastra del vaporetto. 
Il loro studio si trova a Murano, poco lontano dall'attracco del vaporetto e poco lontano dall'azienda di Archimede Seguso che ha visto muovere i miei primi passi nel mondo del vetro di Murano.


Mi sono piaciuti subito Giorgio, Gianni e Anna Spezzamonte; sono eredi di quella tradizione che  ha visto nel loro padre, Nino Spezzamonte, un grande, basti pensare che la sua memoria è ancora viva a Murano.

Questa superba arte al giorno d'oggi si sta piano piano perdendo, sfilacciata dalla globalizzazione e dall'avvento della concorrenza cinese, formata proprio dagli stessi artigiani che avrebbero dovuto proteggerla. 
Anni e anni di tradizione e di esperienza venduti al miglior offerente, senza fermarsi a riflettere sul senso di perdita che ne sarebbe derivato. 
Ma non volevo scrivere di questo, oggi.

Oggi vorrei chiudermi con loro nello studio e immergermi in quell'atmosfera magica, fatta di respiri leggeri per applicare la foglia oro e precisione certosina per decorare i singoli pezzi di vetro. 
Puntino dopo puntino, pennellata dopo pennellata, creano immagini astratte o figurative, immobili nella maestosità del vetro che dona una luce particolare a tutte le loro opere. 
Porto loro le mie lastre e con infinita pazienza Giorgio applica la foglia oro, poca alla volta. Pare facile, ma serve mano ferma e respiro leggero.


Da una superficie imperfetta poi, con una passata "magica" esce la lastra che poi posso lavorare. 
E si rinnova la mia ispirazione: una superficie aurea intonsa vedrà la nascita di nuovi paesaggi fissati nell'eternità dell'oro. Non vedo l'ora di ricominciare.  



Photo by Daniel Perazzone

venerdì 31 ottobre 2014

La fornace

Credo che pochi sappiano che abbiamo qui in Veneto, in un piccolo paese tra Padova e Treviso, una grande eccellenza italiana: si tratta di Vetreria la Piastra - un'azienda che produce lastre di vetro. Si tratta dell'unica azienda europea che ha sviluppato un sistema brevettato garantito. Purtroppo le immagini che possiamo pubblicare non rendono giustizia al lavoro svolto dal personale della vetreria. 
Ci sono voluti tre anni per sviluppare questo sistema e, giustamente, il proprietario ne è gelosissimo, ma andiamo con ordine e raccontiamo questa storia di innovazione e dedizione. 



Verso la fine degli anni '80, Armando, il titolare dell'azienda, ha fatto tutte le prove del caso personalmente, chiudendosi in vetreria ovviamente di sabato e di domenica per non rallentare la produzione dei pezzi tradizionali. 
Un uomo animato da una grandissima passione per il suo lavoro piano piano ha messo a punto il metodo usato tutt'oggi. 



Vista l'esistenza del brevetto e la chiusura delle aziende tedesche, prime concorrenti, sono arrivate anche alcune grandi ordinazioni. Così, dopo vent'anni di lavoro, nel 1990 ha deciso di separarsi dai soci e di percorrere questa strada da solo, deputando un intero capannone a quest'uso. 

Però gli imprevisti sono sempre dietro l'angolo e, nel momento in cui si concretizzavano gli sforzi di tre anni, l'apertura del mercato ha fatto sì che la concorrenza cinese facesse diminuire la richiesta. 
Ma la cosiddetta "mazzata sul capo" è arrivata quando si è reso conto che anche alcune vetrerie di Murano e Venezia prendevano oggetti prodotti in Cina - si, signori, la maggior parte della paccottiglia che vedete sulle bancarelle a Venezia e dintorni, viene dalla Cina, altro che MADE IN ITALY! 

Io mi sdegno quando sento queste cose, ma sono sempre più all'ordine del giorno. 
L'unica soluzione per l'impresa italiana è specializzarsi nell'alta gamma, per differenziarsi dalla concorrenza a basso costo. Del resto, siamo sempre stati i migliori a realizzare opere d'arte, o no?

Photo by Daniel Perazzone

giovedì 23 ottobre 2014

Il battiloro, un mestiere dimenticato

Si legge su wikipedia "Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un enorme martello l'oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia. (...) Oggigiorno questo processo viene realizzato industrialmente con macchinari per la laminazione con il similoro".
Addentrandosi tra le calli di Venezia, si può scoprire come questo mestiere resista ancora e come le macchine non abbiano ancora potuto sostituire la perizia dell'uomo. 

Varcando la porta di un affascinante palazzo di Fondamenta Nuove si entra in contatto con questa tradizione tramandata nel corso dei secoli. 
La famiglia Berta segue il processo di creazione della foglia d'oro e d'argento purissimi seguendo i metodi antichissimi portati a Venezia dai mercanti bizantini all'alba dell'anno 1000 d.C.. 
Un lavoro che consiste in una delicata combinazione tra forza e leggerezza. 

L'uomo batte, la donna compone blocchetti su blocchetti di preziosa lamina che sarà impiegata per svariati utilizzi: dalla cosmesi alla cucina, dall'architettura ai complementi di arredo realizzati con la tecnica musiva e dell'oro-graffito. 


Nel laboratorio, una volta effettuata la fusione e una prima battitura a macchina, le donne tagliano e rifiniscono le foglie che poi vengono nuovamente ribattute a mano. Chine sulle loro postazioni in penombra singolarmente illuminate per non essere abbagliate dai riflessi del prezioso metallo, compongono i blocchetti pronti per la seconda battitura effettuata completamente a mano. 
Le macchine entrano in minima parte nella lavorazione che viene ancor oggi affidata a martelli dal peso variabile dai 3 agli 8 kg su uno speciale supporto di marmo. Il numero di colpi non è casuale, ma va da un minimo di 48 a un massimo di 105 a seconda della finitura da ottenere. 


Il mestiere si impara col tempo, affidandosi all'esperienza della tradizione, ripetendo i gesti un numero infinito di volte. Se l'uomo deve imparare a contare il numero di colpi, la donna deve imparare a respirare per tagliare e inserire tra i fogli di carta la sottilissima foglia d'oro.

Nella fioca luce della bottega Mario Berta, vengono create foglie d'oro che possono avere fino a diciassette sfumature diverse: oltre ai colori classici come oro bianco, rosso e giallo, sono stati messe a punto composizioni metalliche per ottenere foglie di altre sfumature, dal verde al viola.
La materia viva plasmata dall'uomo, il fascino degli strumenti antichi si respirano a pieni polmoni in quest'angolo di Venezia. Una sorta di raffinatissima fucina di Efesto dove si tramanda una tradizione che affonda le radici nella notte dei tempi. 
Che dite, dovrei correggere la voce di Wikipedia?

photo by Daniel Perazzone

Mediterraneo un mare di culture


Quando il mo amico Angelo Ventimiglia mi ha proposto di realizzare insieme un'opera per il la mostra Identità nell'ambito del convegno Mediterraneo un mare di culture che si terrà a Cosenza venerdì 24 ottobre, devo dire che ho un po' tentennato... La mostra TRACCE di cui vi ho parlato nel primo post mi stava prendendo buona parte delle energie, ma poi, da buon siciliano, non ho potuto resistere...

“Mediterraneo un mare di culture” sembra una frase cucita apposta su di me, siciliano trapiantato a Nord Est e ho subito pensato che sarebbe stato questo il titolo della nostra opera. 
Quando penso a quello che era l'assetto sociopolitico di un migliaio di anni fa, alla convivenza pacifica tra cristiani, arabi, ebrei nelle nostre terre, non posso esimermi da affondare nella tradizione e attingerne a piene mani, ubriaco di ispirazione.

Ed ecco che nasce questa nuova opera, sempre con la tecnica dell'oro graffito.
Una composizione liberamente ispirata alla Cappella Palatina di Palermo e alla figura di Ruggero II, il primo Re di Sicilia. Un sovrano che ha ospitato i più illustri pensatori dell'epoca in un clima di sincretismo culturale che il modello americano del melting pot o della salad bowl se lo sogna.

La Cappella Palatina rappresenta perfettamente questo spirito: tracce di architettura araba – tra tutti il soffitto a muqarnas e l'arco a ogiva - coesistono con impianti architettonici di matrice greca e latina. Oro e colori su superfici lignee ci regalano un'opera di fattura così squisita da commuovermi ancora oggi che la conosco e che l'ho rivoltata come un calzino per leggerne i simboli nascosti.

Ma veniamo al nostro omaggio a Ruggero II e al Mediterraneo Mare di Culture: abbiamo citato palesemente il modulo del soffitto della Cappella Palatina con due quadrati ruotati per formare una stella a otto punte. 
All'interno degli spazi centrali riconoscerete, lungo le linee diagonali, i simboli del potere regale di occidente e di oriente: i leoni, l'aquila e il falco tutti insieme a rappresentare i grandi regni dell'antichità (Venezia, Egitto, Sacro Romano Impero). Poi, lungo la linea verticale Ruggero II il fondatore del Regno di Sicilia e Gesù Cristo che lo incorona, mentre in orizzontale ecco i confini del Mar Mediterraneo: le Colonne d'Ercole e la Colchide (l'arcipelago al confine con la Turchia) rappresentata dal Vello d'Oro.
Il cuore dell'opera è rappresentato dalla mappa di Idrisi, il geografo arabo che compose la mappa incaricato da Ruggero II.
Come dimenticare poi le Repubbliche Marinare? Ecco i loro stemmi negli angoli.
Poi la scritta che si snoda lungo il perimetro della stella a otto punte recita: MEDITERRANEO UN MARE DI CULTURE in arabo, ebraico, italiano, inglese, greco e latino.
Mi piaceva sottolineare e concretizzare anche con le parole, oltre che con le immagini, il concetto chiave dell'opera. Vederlo scritto nell'oro, che si snoda sinuoso, mi dà l'idea che sia quasi una preghiera, un mantra poliglotta per ricordarci che il Mediterraneo unisce e non divide.

Ringrazio tutto gli amici che mi hanno aiutato nelle traduzioni, senza di loro questo lavoro non sarebbe stato possibile.